STALKING: RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO PER GLI ATTI PERSECUTORI COMMESSI DAL DIPENDENTE NELL’ESERCIZIO DELLE PROPRIE FUNZIONI

Sentenza della Corte di Cassazione n. 35588/17

Pubblichiamo in allegato la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sezione V penale, del 03/04/2017, depositata il 19/07/2017, che ha accolto il ricorso proposto dall’avv. Francesca Garisto nell’interesse di una parte civile assistita dallo studio.

Si tratta del caso di una dipendente della Pubblica Amministrazione (nella specie, un Comune), per anni vittima di atti persecutori da parte del suo superiore gerarchico (“persecuzione professionale”, caratterizzata da reiterate violenze morali, consistite in atteggiamenti oppressivi, anche a sfondo sessuale), per la quale erano stati tratti a giudizio sia il dirigente comunale autore dello stalking, che il di lui superiore gerarchico, accusato di aver omesso, sebbene al corrente dei fatti, gli adeguati interventi a tutela della dipendente.

In primo grado l’avv. Francesca Garisto aveva chiesto ed ottenuto, quale conseguenza della dichiarata responsabilità penale dell’autore diretto dello stalking (il superiore è stato invece assolto), che anche l’Amministrazione Comunale, di cui invocava la responsabilità ai sensi dell’articolo 2049 del codice civile quale datore di lavoro dell’imputato, venisse condannata a risarcire il danno alla vittima.

La Corte di Appello aveva riformato la sentenza del Tribunale ed escluso la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, ritenendo difettasse il requisito della “occasionalità necessaria” tra mansioni lavorative e condotta illecita, che avrebbe consentito la consumazione del reato.

La Corte di Cassazione, mentre respingeva il ricorso proposto dall’imputato sulla responsabilità penale, accoglieva pienamente quello proposto nell’interesse della parte civile contro la disposizione della Corte d’Appello che aveva revocato la condanna dell’Amministrazione Comunale: ha così affermato il principio di diritto secondo il quale la Pubblica Amministrazione va ritenuta civilmente responsabile per i danni patiti dalla vittima, qualora l’incombenza svolta dal dipendente-autore del reato abbia agevolato e reso possibile la commissione del fatto illecito ed il conseguente evento dannoso, e ciò anche se egli ha operato oltre i limiti delle sue incombenze, poiché ha sfruttato l’occasione offerta dallo svolgimento delle sue funzioni.